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Il fenomeno Blue Whale

Sono stato contattato questa mattina dalla redazione di Sud Look e mi è stato chiesto un parere rispetto al fenomento Blue Whale.

Devo essere sincero… Questo “gioco” della balena blu ha sconvolto anche me.

Il “blue whale” nasce in Russia sul sito di VKontakte, ovvero il Facebook russo.

Sembrerebbe che attraverso un codice segreto che viene scritto sulle proprie bacheche i ragazzi possano farsi contattare da un master che somministra una prova al giorno per i successivi 50 giorni.

Le prove sono abbastanza ripetitive, ma rientrano nel più esteso fenomeno delle sfide estreme online: svegliarsi alle 4:20 del mattino ed ascoltare voci e urla di persone registrate, svegliarsi alle 4:20 del mattino e guardare un film horror, svegliarsi alle 4:20 del mattino e uscire di casa e andare a camminare sul ponte più alto della città, non parlare per 24 ore con nessuno, tagliarsi su un braccio e poi inviare la foto al proprio master…

Fino arrivare al 50º giorno in cui viene richiesto di salire sul palazzo più alto della città e buttarsi giù suicidandosi.

La prima domanda che sovviene leggendo le regole del gioco è: come è possibile che qualcuno possa parteciparvi? Come è possibile mettere a repentaglio la propria vita? Perché poi, proprio gli adolescenti?

L’adolescenza rappresenta un periodo di passaggio, una via di mezzo, non si è più bambini e non si è neppure adulti… Per diventare adulto il compito dell’adolescente è quello di esplorare, distaccarsi relazionalmente dai genitori e crearsi un sistema di regole diverso dalle regole sperimentate in famiglia: in poche parole ridefinire la propria identità in modo coerente, integrato e autonomo.

Il ragazzo deve provare a puntare all’autonomia da una parte, mentre dall’altra deve provare a sperimentare se stesso, le proprie capacità e i propri limiti all’interno di contesti sociali diversi dalla diade madre-bambino o padre-bambino.

Questo periodo è estremamente delicato poichè le percezioni su se stessi variano dal percepirsi un bambino con nessuna risorsa che deve chiedere aiuto a mamma e papà per fare un semplice compito a un adulto capace, indipendente, autonomo e con risorse in abbondanza.

La confusione che deriva da questa duplice percezione di sè è il nocciolo che provoca le maggiori difficoltà dal punto di vista identitario.

Immaginatevi di guidare una moto in autostrada e non avere paura e avere la convinzione che tanto sapreste gestirla anche a 250 km/h orari perchè non siete coscienti dei vostri limiti e non avete ancora una capacità metacognitiva così strutturata. cosa fareste? divertiamoci. acceleriamo. senti che bella l’adrenalina che sale.

Per tutti gli adolescenti questo è il pane quotidiano.

Il problema è quando l’adolescente si trova a dover affrontare da solo tutte queste sfide senza il supporto dei genitori.

Allora l’adesione a gruppi delinquenziali, i comportamenti antisociali, i comportamenti automutilativi diventano quella strategia per affrontare la sensazione di non essere “visto” da nessuno, ma ciononostante essere criticato.

E, nonostante ci sia ancora tanto da approfondire, il fenomeno Blue Whale sembra afferire a queste strategie comportamentali.

Come comportarsi quindi?

Controllare gli smartphone e imporre ancora più regole provocherebbe probabilmente una chiusura maggiore da parte dell’adolescente incentivando il desiderio di separazione dai genitori e il desiderio di sperimentarsi in contesti più “rischiosi”.

Credo sinceramente sia prioritario puntare alla condivisione. Raccontarsi in primis e farsi raccontare.

Raccontando ed esprimendo le nostre fragilità, emozioni e paure come genitori e come adulti diamo un messaggio importante ai nostri figli: “di questa cosa difficile, brutta, e pesante è possibile parlarne ed è possibile condividerla”.

Se io condivido sto facendo 2 cose importantissime:

– trasmetto il valore del raccontarsi e dell’essere aperto verso le proprie difficoltà,

– trasmetto il valore del fatto che anche le cose più difficili non sono intollerabili e da nascondere ma possiamo farci qualcosa, anche solo soffrire insieme, piuttosto che sentirci da soli ad affrontare questo macigno, che ogni tanto, è la vita.

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